Friday 19 December 2014

Frutti di bosco, cacciatori e cani.

Siamo nel grande campo di olivi a togliere l'assenzio, tra il freddo e i giochi dei bambini, le loro fionde e i loro sconfusionati progetti. Il cielo si annuvola sempre di più sui colli boscosi ormai forti dei colori scuri dell'autunno. Moira e Argante, i due cani di Reggioli, interrompono l'abituale zuffa, guardano verso la strada che porta a Solata, e poi iniziamo a latrare ed abbaiare. Dal sentiero appare un'auto, poi un'altra, poi un'altra, e poi ancora. Scendono cacciatori vestiti con gilet fosforescenti, arancioni come evidenziatori. Uomini in branco per sentirsi più sicuri. Si addentrano nel bosco. Noi, che lavoriamo un poco più in alto, li vediamo chiaramente. Sono macchie sgradite. I cavalli restano in tensione tutto il giorno, le orecchie quasi distese all'indietro, lo sguardo all'erta. Gli urli dei cacciatori non spaventano solo i cinghiali, gli spari dei loro fucili non si fermano fino al buio. L'energia che emanano questi uomini è potente, è negativa, è quella di coloro che scelgono ad ogni battuta di caccia di spargere le loro cartucce per terra nei boschi dopo aver sparato. É un gesto più da forti uomini che quello civile di mettere in tasca la propria plastica. I bimbi quando trovano una cartuccia la portano a mamma Lucile, lei le accumula e quando ne ha un sacchetto pieno ne fa splendidi cartelli di legno, li pirografa scrivendo “frutti di bosco” e vi attacca come pendenti file e file di cartucce vuote. Poi paziente appende i cartelli agli alberi più alti, di modo che i cacciatori possano vedere la varietà di colori che lasciano in giro. Ma invece i cacciatori li staccano e li buttano via. Lei, con la costanza dei giusti, li rifà e li riappende. E così via, da anni.
Negli anni Settanta di cinghiali, nel Chianti, non ce n'erano quasi più. Li avevano cacciati quasi tutti per portarli sulle tavole dei ristoranti. Erano dei cinghialetti di ottanta chili, selvatici e schivi. Non si addentravano quasi mai nei campi coltivati. Rimanevano nei boschi a mangiare ghiande di quercia. Poi qualcuno decise di inserire un sostituto: un cinghiale dell'Est Europa incrociato con il maiale domestico. Adesso questi bestioni, che arrivano a pesare anche duecento chili, non avendo antagonisti naturali, hanno infestato i boschi del Chianti, Grufolano e scavano profonde buche, voraci come suini, e distruggono gli orti. Per arginare l'invasione, è stata reinserita una specie di lupo autoctona, il lupo del Chianti. Ma questi lupi, di razza piccola, poco possono contro i grossi wild pigs dell'Est. Così hanno ripiegato sulle quiete pecore dei greggi. E ne fanno strage. Cercando di rimediare ad un danno se n'è fatto un altro. Chi ne fa le spese è sempre il contadino.
Ci sono giorni così, come oggi, in cui nelle terre di Reggioli, per ore e ore i cacciatori battono il bosco e uccidono i cinghiali. Ne hanno il legale diritto, non si può dire nulla. Ci sentiamo circondati, leghiamo i cani perché non vadano a cacciarsi nei guai, aspettiamo che il buio mandi via i disturbatori e che la notte ridoni il silenzio. A Lucile e Christian non piacciono i cacciatori. Ma sanno che la loro presenza, per quanto infelice e scomoda, è necessaria per contenere l'invasione di questo animale.
L'indomani una jeep strombazzante appare davanti a casa. Un cacciatore sulla settantina e sua moglie sono venuti a pagare il pegno a Lucile e a Christian: un cucciolo di cinghiale ucciso proprio ieri nelle loro terre, già scuoiato. Ha ancora i peli scuri appena sopra gli zoccoli e sgocciola sangue mentre lo spostano. Gentilezza e cortesia, due battute e due frasi di circostanza, e poi ognuno per la sua strada.

1 comment:

  1. Che orrore. Sto provando la dieta vegana. Per ora funziona.

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