Oggi si raccolgono le
olive. Gli alberi sono a file sparse lungo i terrazzamenti. Macchie
folte di foglie argentate. Solo da vicino e con la luce giusta si
vedono i piccoli frutti, verdi e neri. Mettiamo la rete sotto gli
alberi. Poi ci attacchiamo ad ogni rametto, e lo mungiamo come una
mammella, sgranando le olive. Cascano sulla rete, grossi chicchi di
grandine scura e calda. Della mosca già sapevamo. Ogni frutto ha un
piccolo buco, da dove la larva ha iniziato a rodere, scavandolo e
guastandolo. Christian e Lucile erano amareggiati da principio,
perchè il raccolto sarebbe anche stato abbondante e magnifico, se
non ci fosse il parassita. Christian e Lucile hanno deciso di tentare
almeno una frantoiata di cinque quintali, non sanno se l'olio sarà
buono, sperano di salvarsi quest'anno, e al peggio l'olio diventerà
sapone. Mano a mano che proseguiamo la raccolta gli animi si fanno
più distesi, lieti, allegri. Le reti si ricoprono di frutti, le
casse si colmano. Gli olivi sono eccezionalmente robusti: a volte un
albero poco più alto di un uomo ne regge quattro, a sgranare le cime
arrampicati sulle branche più alte. Il legno si flette sotto il peso
senza spezzarsi. Si lavora in gruppo, si chiacchiera, ci si conosce,
si ride. I bambini ci orbitano attorno, a volte aiutano, altre
intralciano, tra urli e sgambettii, e sempre alleggeriscono le ore. A
volte invece si lavora in silenzio, i bimbi nei prati lontani o sul
tappeto elastico, e noi in silenzio, con la mente cullata nella
ripetitività dei gesti. C'è sempre fruscio di vento e di mani tra
le foglie, e oggi il vento era forte: “Mi piace quando il vento è
così forte che ti devi tenere ai rami per non cadere, mi sento come
il capitano di una nave pirata”. Christian sorride, spettinato e
sereno.
Gli uccelli che cantano,
il rumore delle olive che cadono a pioggia sulle reti. Le ore volano,
iniziamo vicino al crinale e proseguiamo intorno al colle, seguendo i
filari, albero dopo albero, ogni pianta diversa dalla precedente.
Anche la vista intorno cambia, un caleidoscopio che gira ad ogni
fusto d'ulivo. Siamo prima vicino alle stalle, su di un pianoro che
profuma di assenzio e letame di cavallo, di fieno e di sterco.
Proseguiamo lungo una terrazza che affaccia sul bosco e odora di erba
e rovi tagliati di fresco. Poi si ritorna sul clivo, uno spiazzo
aperto sul cielo, le colline boscose si incrociano intorno, fin quasi
dove la vista si perde, tra i greti brumosi del monte Amiata. Ci
attacchiamo in sei su una bella pianta vigorosa, carica di olive. “Io
scommetto che in tre quarti d'ora l'abbiamo finita!” esclama Lucile
con il suo splendido accento francese. Vinciamo tutti insieme la
scommessa. Dopo tre quarti d'ora raccogliamo le reti tutti insieme, e
spigoliamo le foglie ed i rametti dai frutti. Siamo stanchi e felici,
pensiamo a cosa cucinare, si scherza di menù immaginari. Le mani
sono ancora tra le olive.