Thursday 23 October 2014

Pescatori di olive.

Oggi si raccolgono le olive. Gli alberi sono a file sparse lungo i terrazzamenti. Macchie folte di foglie argentate. Solo da vicino e con la luce giusta si vedono i piccoli frutti, verdi e neri. Mettiamo la rete sotto gli alberi. Poi ci attacchiamo ad ogni rametto, e lo mungiamo come una mammella, sgranando le olive. Cascano sulla rete, grossi chicchi di grandine scura e calda. Della mosca già sapevamo. Ogni frutto ha un piccolo buco, da dove la larva ha iniziato a rodere, scavandolo e guastandolo. Christian e Lucile erano amareggiati da principio, perchè il raccolto sarebbe anche stato abbondante e magnifico, se non ci fosse il parassita. Christian e Lucile hanno deciso di tentare almeno una frantoiata di cinque quintali, non sanno se l'olio sarà buono, sperano di salvarsi quest'anno, e al peggio l'olio diventerà sapone. Mano a mano che proseguiamo la raccolta gli animi si fanno più distesi, lieti, allegri. Le reti si ricoprono di frutti, le casse si colmano. Gli olivi sono eccezionalmente robusti: a volte un albero poco più alto di un uomo ne regge quattro, a sgranare le cime arrampicati sulle branche più alte. Il legno si flette sotto il peso senza spezzarsi. Si lavora in gruppo, si chiacchiera, ci si conosce, si ride. I bambini ci orbitano attorno, a volte aiutano, altre intralciano, tra urli e sgambettii, e sempre alleggeriscono le ore. A volte invece si lavora in silenzio, i bimbi nei prati lontani o sul tappeto elastico, e noi in silenzio, con la mente cullata nella ripetitività dei gesti. C'è sempre fruscio di vento e di mani tra le foglie, e oggi il vento era forte: “Mi piace quando il vento è così forte che ti devi tenere ai rami per non cadere, mi sento come il capitano di una nave pirata”. Christian sorride, spettinato e sereno.
Gli uccelli che cantano, il rumore delle olive che cadono a pioggia sulle reti. Le ore volano, iniziamo vicino al crinale e proseguiamo intorno al colle, seguendo i filari, albero dopo albero, ogni pianta diversa dalla precedente. Anche la vista intorno cambia, un caleidoscopio che gira ad ogni fusto d'ulivo. Siamo prima vicino alle stalle, su di un pianoro che profuma di assenzio e letame di cavallo, di fieno e di sterco. Proseguiamo lungo una terrazza che affaccia sul bosco e odora di erba e rovi tagliati di fresco. Poi si ritorna sul clivo, uno spiazzo aperto sul cielo, le colline boscose si incrociano intorno, fin quasi dove la vista si perde, tra i greti brumosi del monte Amiata. Ci attacchiamo in sei su una bella pianta vigorosa, carica di olive. “Io scommetto che in tre quarti d'ora l'abbiamo finita!” esclama Lucile con il suo splendido accento francese. Vinciamo tutti insieme la scommessa. Dopo tre quarti d'ora raccogliamo le reti tutti insieme, e spigoliamo le foglie ed i rametti dai frutti. Siamo stanchi e felici, pensiamo a cosa cucinare, si scherza di menù immaginari. Le mani sono ancora tra le olive.

2 comments:

  1. Mi trasmettete la bellezza della campagna, il lavoro e la pace un'atmosfera antica che si sta perdendo bello bello grazie!

    ReplyDelete
  2. Finalmente! Non sono più solo! Brava Sara.

    ReplyDelete