Thursday 23 October 2014

L'approdo, o Gelsomino e i magnifici sette.

Le sei di sera, arriviamo all'imbocco della strada sterrata, la riconosciamo subito. Vicino alla capanna verde e alla fermata della corriera, come ci aveva scritto Lucile. E' sterrato davvero il cammino, largo ma sconnesso, le piogge degli ultimi giorni si vedono nel pantano tra le pietre. Lanciamo Sabò all'arrembaggio, lui è proprio come ci aveva detto Nicolò, un carro armato che sale dappertutto. Sappiamo che tra nemmeno tre chilometri ci aspetta il podere, la famiglia, gli incontri, che emozione.
Ma il buio ad ottobre arriva sempre prima del previsto, e inizia anche a piovere, e Veronica inizia anche ad aver paura del buio, della strada sconnessa, del camper che oscilla, delle buche nel terreno, insomma di ribaltarci. E quindi desistiamo, spegniamo il motore, ci fermiamo in mezzo al sentiero “Tanto chi vuoi che passi di qui, domattina ci svegliamo e con la luce sarà tutto più facile”. Dormiamo come ghiri circondati da verdi boschi.
Alle sette del mattino un furgoncino bianco ci sveglia strombazzando: scopriremo poi che a Reggioli stanno ristrutturando una parte del podere, gli operai vanno al lavoro e noi siamo in mezzo ai piedi. In fretta e furia muoviamo il camper per lasciarli passare. All'ultimo sorso di caffè, un fuoristrada si ferma accanto a noi: al volante c'è Christian, gli occhi accesi di vita, il corpo vivo, aperto, accogliente. Il primo abbraccio di benvenuto. “Vi aspettavamo ieri sera!”. Poi riparte, faccende da sbrigare. Dopo poco vediamo dal finestrino un cucciolo di pastore maremmano, vicino c'è una bimba, dalla faccia scaltra e dolce, vispa e bellissima, in mano un ramo, in testa spettinati capelli neri, ai piedi crocs colorati. Gioian è la prima dei cinque “satelliti” di Reggioli che incontriamo. Le sorridiamo contenti.
Eccoci. Ci eravamo visti in foto. Loro sette, dal vero, sono ancora più belli. Ci annusiamo a vicenda, interesse da parte di tutti, curiosità, bellezza.
I primi due giorni ci infiliamo nei boschi, con i cestini a caccia di marroni. Quest'anno sono pochi e piccoli “Qui sotto i castagni gli altri anni ne trovavi tantissimi di marroni, non così pochi come adesso”, mi racconta Sole, dieci anni, un sempiterno sorriso, lo sguardo lontano, e già un milione di cose da insegnarci. Andare a marroni. Altro che la gita della domenica con la quale ti inganni di natura. Andare a marroni è l'asino Gelsomino con Minni sopra, gli altri bimbi che corrono avanti per farti vedere la strada. Andare a marroni sei tu fuori forma che ogni passo sulle foglie ti liberi di un pezzo di città. Il tallone dello scarpone preme il riccio, le dita si infilano per tirar fuori i marroni e le spine a volte si infilano nelle dita. Su e giù per il bosco, se segui i bimbi sei sicuro di andare sotto i castagni migliori. Parole, scherzi, barzellette, e anche prezioso silenzio. Le ore passano, i bambini si stufano presto dei marroni e il bosco diventa gioco e avventure per loro. Si torna a casa con il basto pieno, è andata abbastanza bene data l'annata scarsa. “Dalle piante tropicali che importano è arrivato questo parassita che attacca la pianta, per questo la raccolta è magra”ci racconta Christian. Poi a casa facciamo la cernita dei marroni: i brutti, i medi, e i belli. I primi sono per gli animali, i secondi per la famiglia, i terzi, grandi, lucidi e sani, sono quelli da vendere alla festa del paese la prossima domenica.
Che turbine di vita cinque bambini, che ricchezza crescere insieme e crescere in un posto così. Tornano in mente i giardinetti di città, quegli angoli di natura surrogata in cui ci rifugiavamo ogni pomeriggio con Maelia. Incomparabile qui. L'autonomia dei bimbi è impressionante, la loro fantasia pure, il loro saper creare, il loro emozionarsi con ogni semplice storia. E' la semplicità che si tocca, vi si è dentro.
 
Stavamo leggendo “Il barone rampante”, e ci troviamo noi stessi a stare più sugli alberi che per terra. La raccolta delle olive è iniziata lunedì, mattina presto, una prima volta per noi. Si raccolgono le olive, da mane a sera, in mezzo il pranzo che chiama con un suono di campana e poi la voce di Lucile “A tavola!” che risuona in tutta la vallata.

1 comment:

  1. Grazie di cuore, sto leggendo tutto, adesso che non devo preoccuparmi del lavoro, della casa, di andare a fare la spesa. Siete grandi.

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