Ventisei ottobre, Nusenna
e la festa delle castagne. Domenica, c'è il sole e fa caldo per
essere fine ottobre, ci svegliamo presto, mille preparativi per
arrivare prima di pranzo al paesino. Ci sono da fare i castagnacci,
da impacchettare collane e braccialetti, da preparare i bimbi, da
portar su gli asini e sellarli; tutti attivi ed eccitati si lavora
alacremente. Partiamo. Siamo tanti e caotici, quindici umani, tre
asini, due cani, le chiacchiere e le scarpe che camminano sulla
strada bianca. Un chilometro e la lasciamo per infilarci in un
sentiero nel bosco. Dopo meno di un'ora arriviamo a Nusenna,
minuscolo paesino che oggi accoglie la nona festa dei marroni. Piazza
semi deserta, poche bancarelle che vendono zucche locali e vestiti da
mercato made in Cina. E poi arriviamo noi. Sbuchiamo sulla piazza con
i tre asini carichi di mercanzia, circondati da bambini, e con la
coppia di circensi francesi amici di Lucile, che presto si esibiscono
in piccoli numeri. I pochi presenti ci guardano stupiti. Una
compagnia così fa effetto. I bambini “di città” si avvicinano
subito incuriositi, vogliono accarezzare gli asini e salirci sopra, i
grandi invece sorridono da lontano. Tanti hanno caldi piumini
colorati, noi tutti in maglietta. Differenze. Non possiamo non
notarle. Come anche la bianchezza dei loro visi, e quello sguardo
strano, di chi ammira e vorrebbe, ma invece no. Ci installiamo:
banchetto per vendere i marroni e i castagnacci, cavalletto per
appendere i gioielli di Lucile, panche per sedersi. Gli animali
chiusi in un cortile, a pascolare e a radere l'erba del prato. I
bambini iniziano i loro giochi, noi ci guardiamo intorno sapendo di
essere almeno per ora l'unica attrazione per i pochi partecipanti
alla festa. Piano piano i primi coraggiosi si avvicinano, chiedono,
parlano con noi. Dalla parte opposta della piazza, sotto un piccolo
gazebo bianco, un uomo stonato e simpatico inizia a cantare canzoni
fuori moda. Con lui diventeremo amici durante il pomeriggio. Molti
dei nostri suonano vari strumenti, e presto ci invita: “Dai
ragazzi! Una canzone io e una voi!”. Così ad un Gigi D'Alessio e
ad un Celentano noi alterniamo canzoni popolari accompagnate da
organetto e fisarmonica. Chiudiamo le danze con Bella Ciao. La
giornata scorre, chi fa più affari sono i due ragazzi albanesi
accanto a noi, vendono caldarroste e sono gentili. Stiamo bene, è
per noi il primo ritorno in “città”. Nessun rimpianto per averla
abbandonata.
Vino, racconti, anziani
simpatici, complimenti a Lucile e a Christian per la loro bella
famiglia, i castagnacci vengono venduti presto e i marroni pian piano
anche, i gioielli sono ammirati. A fine pomeriggio il sole non batte
più sulla piazza, cominciamo a sentire freddo: al circolo del paese
compriamo del buon vino rosso locale, niente di meglio per scaldare i
cuori. Tornati davanti al gazebo bianco, Andrea ed Ema si ritrovano
con il microfono in mano a cantare Albachiara a squarciagola, senza
omettere nessun “eeeeeeh....” di Vasco dalla canzone. Poi è il
momento de L'albero dei cento piani, e, per chiudere tutti insieme,
Viva la pappapappa col popopomodoro. E' sera davvero. Siamo stanchi,
si reimpacchetta ogni cosa e ci si dirige verso casa, appena in tempo
per non farci cogliere dal buio. Gli asini, Gelsomino in testa, cammino spediti, sanno che
stiamo tornando al podere. Nusenna è dietro le spalle, qualche luce
nelle colline boscose. A casa c'è il mulino che gira silenzioso
cigolando, la stufa da accendere, la cena da preparare, i piccoli e i
grandi da mettere a letto. Stanchi e felici, anche oggi.