Oggi, finalmente, sono risalito su di un ulivo. Il
poggio è assolato, la temperatura mite, l'erba verde che sembra
primavera. Tiziano è pacato, paziente e pacioso. Con le cesoie
elettriche in mano mi illustra la potatura degli ulivi.
Siamo arrivati all'azienda agricola Amaltea l'otto
gennaio. Ci accolgono Tiziano ed Erika, con i due pargoli Leo ed
Olmo, di sei e tre anni. Si sono trasferiti qui nella Valdera, a
Rivalto in Chianni, dieci anni fa. Erika è botanica, Tiziano è un
vero uomo di campagna.
Tac, tac. Le mie forbici danno qualche sporadica
spuntata, più che altro osservo, cercando di non fare danni. Il sole
di gennaio, incredibilmente caldo, ci arrossa le guance. Tiziano teme
anche quest'anno l'assenza delle gelate invernali, indispensabili per
sterilizzare la terra dai parassiti. Il gelo è l'unico insetticida
che può usare nell'uliveto. Se le temperature non scendono, anche
l'anno prossimo si rischia l'invasione della mosca olearia. Zzzt,
zzzt, le cesoie elettriche ronzano veloci. Tiz dà un'occhiata rapida
alle fronde, conta le branche, zzt, elimina i polloni. Sceglie
la cima, che guiderà la crescita in alto, seleziona i rami da
tenere, zzzt!
Erika è un bel nome per una botanica. Con gli occhi
verdi guizzanti descrive le piante officinali che coltiva, mentre ci
accompagna a vedere i beni. La calendula è aggressiva e
bellissima, con i fiori larghi ed arancioni, che brillano
sull'argilla del poggio come tanti piccoli soli, anche d'inverno,
generosi. Con lei riusciamo a dare un nome italiano alla chickweed,
che Ian l'Americano, a Reggioli, ci fece raccogliere e gustare in
insalata. Le infiorescenze a stella hanno trasformato l'erba per
pulcini nella Stellaria.
Un lieve vento tiepido da Ovest ci scalda le guance.
Uno strano sole di gennaio, più brillante che mai, ci regala un poco
di calore. Tranne gli ulivi, le piante sembrano confuse da questo
clima così inaspettatamente mite. Sulle querce, che ancora
trattengono le ultime foglie autunnali sono già spuntate le gemme.
La mimosa comincia a sfumare in giallo, le sue cime a grappolo stanno
fiorendo. Tac! Le mie forbici tagliano una fronda. Tiziano gira lo
sguardo. Cos'hai tagliato, mi chiede. Gli mostro il ramo reciso. Non
è un pollone? Chiedo io, ma l'errore è evidente. No, quella è la
classica frasca da coltivare, risponde lui senza risentimento. Ci
scherza su poco dopo, per sdrammatizzare l'evento.
Raccogliamo tutte le frasche in un gran mucchio, poi
accendiamo il fuoco, che divampa subito alimentato dalla resina delle
foglie. Si alza un fumo bianco e spesso, che turbina spinto dalle
folate, che nel frattempo hanno preso vigore. Un bel falò
propiziatorio, che porti olive sane ed abbondanti. Zebrù, da buon
pastore, ci gira intorno e quasi ci raduna, come le pecore, tenendoci
in compagnia, scodinzolante. I cavalli ci osservano da lontano, un
poco affamati, aspettando il fieno. Zebrù talvolta li punta, si
avvicina ventre a terra, poi si accuccia, teso e vigile, e li bada.
Sabot è nelle mani di Fausto. Chiave inglese e
tanto olio, gli ci vuole. E chissà cos'altro. Nel cortile di casa
sua, con i gelsi che lo riparano dalla vista, Fausto ha la sua
officina genuina clandestina. Prima riparazione e primo vero check-up
del nostro trattorino. Qualcuno l'aveva detto che avremmo avuto
problemi. Avete un bel coraggio ad avventurarvi con un mezzo così.
Vedremo. Male che vada proseguiremo in bicicletta.
Chickweed..
No comments:
Post a Comment